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al 31 Dicembre di quest' anne. E a tale effetto verrà istituita sul bilancio del Ministero d' agricoltura, industria e commercio per l'anno 1864 apposita categoria fra le spese straordinarie sotto denominazione: Corporazioni d' arti e mestieri abolite.

ART. 9.

Le provvisioni che occorrano per l'esecuzione di quanto trovasi disposto dall' articolo 2, non che i regolamenti contemplati agli articoli 3, 4, e 5, emaneranno per decreto reale.

SESSSIONE 1863.

Camera dei Deputati.

Progetto di legge approvato dal Senato del Regno, presentato dal ministro d'agricoltura, industria e commercio (Manna) nella tornata del 15 luglio 1863.

Abolizione delle corporazioni privilegiate d'arti e mestieri.1

Signori! Approvato dal Senato del regno a grande maggioranza di suffragi ho l'onore di presentarir uno schema di legge, col quale sono abolite per tutto dicembre del venturo anno le corporazioni privilegiate d'arti e mestieri tuttavia esistenti in alcune provincie del regno.

Nella relazione con cui nella tornata del primo decorso guignoimziai in Senato quello schema, ho procurato di dimostrare la necessità, la convenienza, la opportunità della proposta abolizione; l'ufficio centrale del Senato fu unanime d'avviso che tale soppressione è "una necessità dei tempi, un passo di più verso quella libertà vera che è la meta cui il paese aspira e non esitava anco a dichiarare come nissun danno potesse derivarne neanco agli operai interessati.

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Un sentimento di equità consigliò all' ufficio centrale quest' aggiunta.

Il Senato e il Ministero l'accettarono confortati anche dal pensiero che se lo Stato, le Camere di commercio ed i municipi dovranno temporaneamente sottostare a qualche onere per le pensioni o sussidi in discorso, il commercio interno ed esterno, la marina ed i consumatori nazionali trarranno dalla cessazione dei privilegi nei lavori de' porti scali e dogare esuberante compenso.

Perciò io raccomando all' attenzione della Camera elettiva questo schema di legge che cosi altamente interessa l'avvenire economico del paese.

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Coloro che fanno parte delle corporazioni abolite non sono tenuti a giustificare le condizioni che fossero stabilite dai regolamenti per l'esercizio della loro arte, industria o professione.

Saranno però tenuti a contribuire all' istituzione di soccorso di cui all'articolo 4.

ART. 7.

Ove sia necessario di assicurare il pagamento di sussidi agli ammalati, alle vedove, agli orfani ed ai vecchi che ora si percepiscono dalle corporazioni sarà destinato un fondo fornito in egual parte dallo Stato, dai municipi e dalle Camere di commercio ove tali corporazioni esistevano.

ART. 8.

Il residuo debito verso la regia azienda dei prestiti di Firenze nascente dal prestito di quattrocentomile lire toscane contratto colla medesima nel 1847 dal cessato Governo toscano per indennità accordata alle abolite compagnie dei facchini bergamaschi, passerà a carico dello Stato. La somma per ciò occorrente sarà iscritta sub bilancio del Ministero d'agricoltura, industria e commercio per l'anno 1864.

ART. 9.

Con decreto reale saranno stabilite le norme per la esecuzione della presente legge. Addì 11 luglio 1863.

Il vice-presidente del Senato,
GIUSEPPE FERRIGNI.

SESSIONE 1863.

Camera dei Deputati.

Relazione della Commissione composta dei Deputati Brida, Martinelli, Allieri, Biancheri, Panattoni, Mosca, Pica, Galeotti, Fenzi, sul progetto di legge approvato dal Senato del Regno e presentato alla Camera dal ministro d'agricoltura, industria e commercio nella tornata del 15 luglio 1863.

Abolizione delle corporazione privilegiate d'arti e mestieri.

Tornata del 18 dicembre 1863.

Signori! Lo schema di legge intorno al quale abbiamo l'onore di reforire, approvato dal Senato nella tornata del dì 15 luglio 1863, ha per iscopo di far cessare i privilegi dei quali sono ancora investite alcune associazioni, avanzo di ordinamenti che sorsero sotto l'impero di principii economici diametralmente opposti a quelli che informano tutta la nostra legislazione.

Coll' abolire questi privilegi voi sanzionerete una volta ancora il principio della libertà del lavoro, principio oggimai così universalmente consentito da render superfluo spendere parola par dimostrarne la giustizia e la opportunità, anzi l'abolizione di ogni privilegio emana così naturalmente dallo spirito delle nostre istituzioni, da sembrare a prima giunta quasi superfina una legge, oltre quelle che già esistono per conseguirla. Quando però si consideri la natura speciale di alcuna di queste associazioni privilegiate che hanno fino ad aggi potuto resistere alla generale abolizione dei privilegi, ovvero ancorchè abolite sono riuscite a ripullulare in geno della nostra società, apparisce evidente che non bastarebbe una legge la quale puramente applicasse il principio, ma occorre che, essa provveda al modo col quale i servizi che alcune di esse rendono al commercio dovranno essere regolati sulla nuova base della libertà, affinchè per l'abuso di essa, la violenza ed il disordine non vengano con danno maggiore e sostituirsi all'antico privilegio.

Apparisce inoltre dai documenti che ci vennero somministrati che, particolarmente nelle due città di Genova e Livorno, non solo è molto grande il numero degl' individui che appartengono ad associazioni più o meno privilegiate, ma che i sussidi che esse danno ai vecchi resi impotenti al lavoro, ai malati, alle vedove ed agli orfani di antichi loro membri ascendono a somme considerevoli; perlocchè si può ritenere che una parte non piccola della popolazione meno agiata di quelle due grandi città tragga il suo sostentamento dal lavoro privilegiato; la legge deve perciò provvedere ancora perchè questa classe di cittadini laboriosi non abbia da soffrire per un troppo repentino cangiamento, e che ai sussidiati non manchi il necessario soccorso.

Nella relazione del ministro di agricoltura e commercio, che precede la proposta di legge quale fu presentata al Senato, è fatta la enumerazione ed in succinto la storia di molte associazioni e corporazioni ritenute come privilegiate, e sarebbe superfluo perciò ripeterla qui, tanto più che non abbiamo dati sufficienti per ritenere che essa comprenda tutte quelle che esistono tuttora nel regno, e neppure crediamo opportuno di indagare se veramente tutte le indicata rivestano la qualità di privilegiate, e rientrino per conseguenza nel novero di quelle che la proposta legge colpisce.

Dai citati documenti abbiamo rilevato che le associazioni privilegiate sono tuttora assai numerose in Italia, diverse fra loro per il carattere di ciascuna e per il diverso grado di privilegio che usufriuscono. Alcune, per esempio, i minolli o zavorrai, i cardai, i calafati, i maestri d'ascia di Genova, le carovane dei facchini di Livorno sono essenzialmente privilegiate. Altre, come sarebbero i facchini delle calate di Genova dopo il regolamento di 1851, hanno perduto quasi affatto il privilegio e con pochi cambiamenti nel loro regolamento potrebbero forse, senza offesa alla legge, continuare ad existere.

Nella carovana dei facchini del portofranco e dogana di Genova e nei Filoti del grano troviamo esempi di associazioni le quali hanno tutto il carattere di impiegati del portofranco o della dogana.

I Piloti del grano dopo l'abolizione del dazio sui cereali hanno perduto le attribuzione speciali che loro spettavano, ma ridotti pochi in numero potrebbero essere riuniti ai facchini di dogana come già provvedeva la proposta di legge presentata al Parlamento nel 1858. Nei misuratori del Grano di Livorno troviamo infine un esempio di pubblici ufficiali, avendo essi la fede pubblica per la misurazione del grano. Quest'associazione dovrà naturalmente cessare di usufruire un privilegio qualora vi sia, ma è evidente che il servizio dovrà essere riordinato e gl' individui che ne fanno parte dovranno poter continuare ad esercitare il loro mestiere.

I citati esempi bastano a dimostrare come mentre la proclamazione del principio non può essere soggetto di controversia, la pratica attuazione della misura richiamerà a fare molte considerazioni, delle quali non sarebbe opportuno di tener conto nella legge, le cui disposizioni devono lasciare abbastanza latitudine per la sua applicazione ai singoli casi.

Lo schema che ci viene proposto soddisfa a tutte le esigenze alle quali abbiamo accennato, e ci sembra in conseguenza tale da incontrare la vostra approvazione.

Il primo articolo dichiara abolite tutte le corporazioni od associazione in quanto siano privilegiate, e determina l'epoca nella quale avrà da entrare in vigore la legge, al 31 dicembre 1864. Questo termine ci parve assai remoto, perchè nell' intervallo di tempo si possano preparare i nuovi regolamenti e si possa provvedere alla sistemazione del personale di alcune associazioni.

L'articolo secondo dichiara che gli averi delle associazioni soppresse verranno ripartiti fra i loro componenti a tenore dei rispettivi regolamenti o statuti, in mancanza dei quali si dovrà procedere secondo le regole del diritto comune. Questa modificazione all' articolo secondo della legge, quale venne sanzionato dal l' altro ramo del Parlamento, rinvia ai tribunali competenti la decisione intorno alla spettanza degli averi delle corporazioni od associazioni privilegiate, poichè, qualora nel primo caso, cioè quando si tratti di corporazioni, si voglia pure ammettere il principio che lo Stato, sopprimendo l'ente morale, subentri necessariamente nel possesso dei suoi averi, nel caso che si tratti di associazioni questo principio non potrebbe applicarsi senza una manifesta violazione del diritto di proprietà. Inoltre fra gli averi di queste associazioni o corporazioni vi sono gli istrumenti del lavoro indispensabili a questi operai per continuare nell' esercizio della loro industria, ancor quando sia divenuta libera. Tali istrumenti non si possono con equità togliere loro; perciò la vostra Commissione fu d'avviso che s'introducesse a questo riguardo una modificazione allo schema di legge quale venne presentato alla Camera.

Abbiamo già accennato come fosse necessario che la legge mentre aboliva le associazioni privilegiate dovesse sancire le basi sulle quali si fonderanno i regolamenti per alcuni servizi che si prestano in luoghi pubblici e dove l'abuso della libertà potrebbe produrre danni maggiori dello stesso privilegio; gli articoli 3, 4 e 5 provvedono a ciò, e noi ne approviamo il concetto.

Abbiamo però ritenuto che la disposizione dell' articolo terzo, colla quale si attribuisce al Governo la facoltà di fare e regolamenti, sentiti i Municipi e le Camere di commercio dovesse modificarsi nel senso di ridonare alle autorità locali la iniziativa di queste misure, riflettendo ch' esse per la cognizione che hanno maggiore degli usi e delle abitudini del paese, nonchè delle condizioni speciali dei luoghi, erano in grado di meglio provvedere a tutte le esigenze dei servizi. Con questo intendimento abbiamo modificato l'articolo terzo ed attribuito alle autorità comunali, sentite le Camere di commercio, il carico di fare i regolamenti i quali dovranno essere sottoposti all' approvazione sovrana per decreto reale. La sovrana sanzione essendo desiderabile per la maggiore autorità e stabilità che verranno ad acquistare tali regolamenti e per impedire che non s'introducano in essi disposizioni contrarie alla libertà del lavoro ed alle leggi dello Stato.

L'articolo settimo provvede al modo di mantenere ai vecchi, alle vedove ed agli orfani i sussidii che percepiscono dalle disciolte corporazioni d' associazioni.

Questi sussidii come già accennammo, ammontano ad una somma considerevole. Per averne un' idea bastano le note che ci sono pervenute da Genova e da Livorno, dalle quali si rileva che essi ascendono annualmente nella prima città a oltre duecento settanta mila lire, e nella seconda a oltre lire settanta mila. Non si poteva lasciare senza un provvedimento la sorte di tanta povera gente. La Giunta centrale del Senato fu subito colpita dalla lacuna che esistera nella primitiva proposta di legge, e vi provvide coll' aggiunta dell' articolo settimo, il quale dispone che i Municipi, le Camere di commercio e lo Stato, ciascuno per una terza parte, avessero a concorrere in questa spesa.

Abbiamo sott' occhio un riclamo della Camera di commercio di Genova contro la disposizione contenuta in questo articolo; crediamo ciò nonostante che si debba mantenere, tanto più poi se si riflette: in primo luogo che l'onere per sussidi ai malati, il quale forma una gran parte della somma, non sarà a carico che per pochi giorni, e solo per coloro che si trovassero malati al 31 dicembre 1864, finchè non siano in istato di tornare al lavoro, poichè nell' avvenire provvederanno le società di mutuo soccorso che si fonderanno fra gli operai; secondariamente che abbiamo ragione di credere che si siano introdotti alcuni abusi nella concessione delle pensioni, perlocchè vi saranno delle riduzioni da fare a questo titolo dopo un accurato esame; in terzo luogo l'onere sarà ancora ridotto perchè alcune associazioni non occorrera scioglierle, basterà riformarle.

Noi riteniamo perciò che questo carico transitorio mentre rassicura intorno al loro avvenire molti poveri. ed è intrinsecamente giusto, non possa aggravare oltre misura nè i Municipii, nè le Camere di commercio, nè l' Erario.

La disposizione contenuta nell' articolo ottavo pone a carico dello Stato il residuo del debito che le carovane dei facchini di Livorno furono autorizzate a contrarre colla regia azienda dei Presti di Firenze per pagare l'indennità ai facchini bergamaschi, i quali prima del 1847 usufruivano il privilegio. Questa indennità ascese

a L.352,800, ed il residuo ancora da pagare al 31 dicembre 1862, era di L.258,109.27.

Non può cader dubbio intorno al carico che lo Stato dovrà assumersi di pagare il residuo del debito alla suddetta azienda, ed intorno a questo tutti sono stati concordi. Ove non vi è unanimità di parere è intorno al diritto che gli attuali facchini delle carovane di sacco e di manovella di Livorno possano avere di farsi rimborsare la somma che hanno già pagata in conto per la indennità accordata ai facchini bergamaschi. Di questo diritto fece parola un distinto membro dell' altro ramo del Parlamento alla fine della discussione intorno a questo schema di legge in Senato, ed il ministro gli rispose, che non poteva riconoscere che diritto vi fosse.

PROGETTO DI LEGGE APPROVATO DAL SENATO DEL REGNO NELLE TORNATA DEL 10 LUGLIO 1863.

ART. 1.

Al termine del 1864 ttte le università, compagnie, carovane, unioni, gremi, associazioni, maestranze e simili altre corporazioni industriali privilegiate di operai d'ogni sorta esistenti nel regno d'Italia sotto qualsiasi denominazione sono abolite, e cesseranno d' essere in vigore i regolamenti, statuti, ordinanze e disposizioni che le riguardono.

ART. 2.

Gli averi delle corporazioni abolite, detratti i pesi, si devolveranno a chi di diritto a termini dei rispettivi statuti e regolamenti; in mancanza di speciale diposizione il Governo li destinerà ad istituzioni di beneficenza per operai già aggregati alle corporazioni abolite, per le loro vedove e figli, o in sussidi a pro di operai vecchi o resi inabili al lavoro.

ART. 3.

Per quanto concerne il lavoro nei porti, ponti e calate, potrà il Governo, sentiti i municipi e le Camere di commercio, stabilire regolamenti di sicurezza pubblica e di disciplina, e condizioni di età e di moralità senza limitazione del numero degli esercenti, senza divieto ai capitani di valersi dell' opera dei loro equipaggi esistenti a bordo.

Una tariffa approvata dal Governo potrà fissare il massimo della mercede.

ART. 4.

Il servizio dei facchini nelle dogane e nei portofranchi e parimente soggetto ai regolamenti, tanto per ciò che riguarda la sicurezza pubblica e la disciplina, quanto per ciò che concerne i requisiti di ammessione alle dogane o ai portofranchi.

Similmente una tariffa potrà fissare il massimo della loro mercede.

I facchini ammessi nelle dogane o nei portofranchi, saranno tenuti a contribuire in quelle istituzioni di mutuo soccorso, o esistenti, o che verranno fondate a loro vantaggio.

ART. 5.

Per le contravvenzioni ai regolamenti potrà comminarsi un' ammenda da lire 2 a 50, o la pena degli arresti da uno a cinque giorni.

Nel caso di recidiva potrà comminarsi la pena della sospensione dall' esercizio della professione per un termine da quindici giorni a tre mesi.

ART. 6.

Coloro che fanno parte delle corporazioni abolite non sono tenuti a giustificare le condizioni che fossero stabilite dai regolamenti per l'esercizio della loro arte, industria o professione.

Noi abbiamo ritenuto che meglio valesse non farne parola nella legge, e lasciare ai tribunali ordinarii di studiare e giudicare questa grave questione.

Numerose petizioni sono pervenute alla Camera ed al Ministero, sia per promuovere questa legge, sia per reclamare contro le disposizioni che si temeva potessero adottarsi. Noi le abbiamo esaminate tutte scrupolosamente a crediamo potervi asserire che, mentre lo schema di legge da noi leggermente modificato procurerà tutti quei vantaggi che le petizioni favorevoli a questa legge si augurano, esso provvederà ancora equamente a tutelare gl' interessi di tutti coloro i quali ne temevano l'attuazione.

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Legge colla quale sono abolite le corporazioni pri- corporazioni industriali privilegiate a'operaj d'ogni vilegiate d'arti e mestieri.

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sorta esistenti nel Regno d'Italia sotto qualsiasi denominazione sono abolite, e cessera ino di essere in vigore i regolamenti, statuti, ordinanze, e disposizioni che le riguardano.

ART. 2

Gli averi delle corporazioni o associazioni abolite, detratti i pesi, si devolveranno ai termini dei rispettivi statuti o regolamenti in mancanza dei quali si dovrà procedere secondo le regole del diritto comune.

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pentieri, calafati, nè alle altre persone mentovate nell' articolo 166 del codice della marina mercantile.

Le suddette persone potranno liberamente e senza limitazione di numero esercitare il loro mestiere, sotto l'osservanza però dei regolamenti d' ordine e di polizia di porto, stabiliti dall' autorità marittima ed approvati dal ministro della marina.

ART. 2.

Le persone indicate nell' articolo precedente sono esenti dall' obbligo di costituirsi in società di mutuo soccorso, loro imposto finora dall' articolo 5 della sopra citata legge.

ART. 3.

Sono sciolte le società obbligatorie di mutuo soccorso fra i barcaiuoli, carpentieri e calafati, che si trovano legalmente costituite, in applicazione di detta legge ed in virtù di regolamenti approvati con regi decreti.

ART. 4.

Disposizione transitoria.

Sarà provveduto con regio decreto, udito il consiglio di Stato, alla liquidazione delle società indicate nell' articolo precedente, all' amministrazione temporanea del capitale occorrente al pagamento dei sussidi e pensioni da esse dovuti ed alla ripartizione dell' attivo fra i soci in proporzione dei rispettivi loro diritti.

Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Dato a Roma addì 7 luglio 1878.

(Luogo del Sigillo) V. Il Guardasigilli R. Conforti.

UMBERTO.

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Sarà stanziata annualmente in bilancio, cominciando dall' esercizio corrente, la somma di 60,000 lire, o quell' altra minor somma che occorra, per soccorrere i facchini già iscritti nelle soppresse corporazioni dei facchini degli scali del porto di Genova al 31 Dicembre 1864, e divenuti inabili prima dell' entrata in vigore della presente legge, i quali non possono essere sussidiati coi mezzi della cassa di mutuo soccorso, conformemente all' articolo 2 della presente legge, o coi mezzi tutt' ora posseduti dalle corporazioni dei facchini suddetti.

Lo stanziamento sopra indicato diminuito in proporzione alle accertate morti dei sussidiati, cesserà intieramente quando non sia più in vita alcuno di essi.

ART. 4.

Una commissione, composta di due delegati dal prefetto, di un delegato dalla provincia, di un delegato dal municipio e di un delegato dalla camera di commercio ed arti di Genova, procederà all' assegnamento ed alla distribuzione dei sussidi.

ART. 5.

La camera di commercio ed arti di Genova concor. rerà nella spesa con annue lire 12,000, il municipio di

Genova vi concorrerà con annue lire 12,000 ed il consiglio provinciale di Genova con annue lire 6,000. Questo somme diminuiranno di anno in anno nella proporzione stessa in in cui scemerà lo stanziamento indicato nell' articolo 3. Esse saranno annualmente inscritte nel bilancio dell' entrata.

Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d' Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Dato a Roma addì 23 marzo 1879.

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1869 as regards guilds not being compulsory institutions, had for its object the extension of their influence and

power.

The chief point in the Bill was a clause to the effect that, after a certain date, no master who did not belong to a guild should be allowed to take apprentices. The Reichstag, however, refused to accept this clause, and it was consequently rejected. Masters, therefore, may now train apprentices, although not belonging to a guild.

The general effect of the Bill, as it passed on the 18th July 1881, was in other respects calculated to give guilds a somewhat better status than they had under the law of 1869.

I have, &c. (Signed) JOHN WALSHAM.

The Earl Granville, K.G., &c. &c. &c.

SPAIN.

Memorandum by Mr. W. McPherson.

Madrid, August 18, 1881. Guilds or "Gremios" constituted similarly to the Guilds of the Hanseatic towns, were established in Spain during the fifteenth century.

They were thoroughly organized in the following century, and gradually obtained numerous privileges.

Scarcely a trade or profession existed in this country at the commencement of the present century, which was not constituted as a Guild under the special patronage of some particular saint.

On May 26th, 1790, it was ordained that any person might carry on any trade or enter into any profession by merely proving his ability and without needing apprenticeship or complying with other prescriptions of the respective Guild.

On June 8th, 1813, the "Cortes" sitting at Cadiz during the Peninsular War cancelied the Guilds Regu lations "Ordinanzas Gremiàles," and proclaimed perfect freedom for carrying on any trade or profession.

On June 29th, 1815, this enactment was cancelled by King Ferdinand VII., who re-established the privileges of the Guilds, but on the 6th December 1836 the Cortes annulled the King's decree, and maintained the law given by the Cadiz "Cortes."

Guilds, however, still exist in Spain, though they are deprived of all their old privileges. Artizans and trades men are authorised to associate for the purpose of assisting each other as they may deem fit, and for legally petitioning Government, and they are at times consulted by Government on questions connected with their special art or trade. They must, however, present the Regulations under which they are to be constituted to the proper authorities, whose sanction is necessary. Though Guilds in some places in Spain became wealthy companies, they were possessed, as a rule, of no real property, excepting perhaps in some towns the houses in which they met. At present of course they own none. The Spanish Government, from the information I have been able to obtain, did not confiscate any property belonging to the Guilds, as they did with ecclesiastical and other mortmain property.

GERMANY. (Copy.)

(No. 55, Commercial.)

MY LORD,

I HAVE the honour to forward herewith a memorandum, for which I am indebted to Mr. Crowe, containing the information referred to in your Lordship's No. 24 of the 27th ultimo, as being required by the City of London Livery Companies Commission, in respect to the present position of trade guilds in Germany.

Since the year 1869 when the law for regulating trade and industry, known as the " 'Gewerbe Ordnung," deprived guilds of many of their original privileges and reduced them to the position of voluntary corporations, several attempts have been made to obtain the re-establishment of the old system under the sanction of Parliament, but they have hitherto failed.

Early in 1881 a Bill was submitted to the Reichstag, which, while it confirmed the "Gewerbe Ordnung" of

(Copy.)

MEMORANDUM on GERMAN TRADES GUILDS.

The status of trades guilds in Germany was regulated in 1869 by the passing in the Parliament of the North German Confederation of a law called the "Gewerbe Ordnung" (law for regulating trade and industry).

By that Act trade guilds were deprived of many privileges and reduced to the position of voluntary corporations. Their old right to exclusive monopoly was repealed. It was enacted that guilds and statutes of guilds might still be entitled to exist, but it was at the option of anyone to enter or withdraw from a guild, if he pleased. But if admission to such corporations should be conditional on the passing of an examination, it was also made law that no one could be asked to pass an examination who had not been at least one year in the trade, in respect of which he desired to be examined. No entrance fees above fifteen shillings sterling were to be charged for the admission of any number* into a guild; and it was open to the member of one guild to take the freedom of any other. In matters pending before the tribunals guilds were to be represented by the president pro tem., whose claim to that office was to be certified by some communal authority. No guild could acquire, sell, or pledge property (landed) without the consent of the communal authorities. The power which the guilds once possessed of collecting fees and fines from members was repealed absolutely, nor could any charges for board be levied at all. The statutes of a guild might be altered by the resolution of a majority; but the change could not be enforced (in cases where payments out of annual receipts were in question) without consent of the authorities, these having no right in their part to refuse consent, unless the guild should be in a condition not to meet its liabilities. Precise rules were made for dividing the proceeds of the corporate property on the dissolution of any guild or in the event of its lapsing through want of members. The duty of inspection and supervision of guilds was transferred to the communal authorities, in whom the right to decide quarrels and rights and duties of members were vested; but appeal was allowed to the next higher administrative authority. It was required that one of the communal authorities should always be present at guild meetings, in which resolutions for altering guild statutes or dissolving a guild were moved.

In respect of new guilds, permission was given to all persons belonging to a trade, or to one or more trades related to each other, to form a guild, and the confirmation of the statutes of the new body was to give it corporate rights. But the confirmation was vested in the higher administrative and not in the communal authorities.

Under this system guilds rapidly disappeared, and the more so because (1) the " Gewerbe Ordnung" enacted expressly (clause 105) that "the determination of the "relations between persons in trades or industries, and "their journeymen, assistants and apprentices, should "always be matter of contract;" and (2) the old system of workmen's books (clause 113) was abolished.

In a law which came into force on the 15th of July 1878 the first remedial measure enacted in opposition to the "Gewerbe Ordnung" of 1869 was one which again made workmen's books compulsory, a book delivered to working men by the police and intended to control their entering and leaving the service of employers.

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